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Perugia è etrusca, lo sanno anche i bambini

Prima di qualsiasi altra cosa, Perugia è etrusca. I perugini lo sanno bene: io da piccolissima ad esempio ogni volta che ci trovavamo a prendere il raccordo Perugia-Bettolle, dal sedile posteriore della 127 bianca dei miei, mi spiaccicavo sul vetro per vedere scorrere davanti a me quella collina a Ponte San Giovanni e cercare di contare un numero sempre maggiore di grotte scavate dagli etruschi. Sì, probabilmente dentro la mia testa da quattrenne le chiamavo grotte, ma che erano etrusche l’ho sempre saputo.

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Le “grotte”, o correttamente le tombe, fanno parte della necropoli del Palazzone, una di quelle costruite dagli etruschi attorno alla città di Phersna (il nome etrusco di Perugia dal quale deriverà il latino Perusia), con sepolture databili tra V sec. a.C. e I sec. d.C.. Gli etruschi credevano nella vita dopo la morte e a seconda del territorio dove vivevano avevano trovato soluzioni più o meno diverse per creare un luogo confortevole, che potesse accompagnare al meglio il defunto nell’aldilà. Per questo motivo le tombe ci danno informazioni importantissime sui loro usi e costumi della vita quotidiana. E se vorreste farvi un’idea di come era fatta un’abitazione etrusca, dovete assolutamente andare all’Ipogeo dei Volumni, alla latina, o dei Velimna, all’etrusca: la principale tomba presente in questa necropoli.

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Vi consiglierei di visitare prima tutta la necropoli (non dovete assolutamente perdervi la Tomba Bella, l’unica, eccetto l’Ipogeo, ad avere un aspetto architettonico) con l’Antiquarium (interessante la mostra permanente dedicata al banchetto etrusco e delle urne che conservano ancora i pigmenti rossi, blu e gialli, perché gli antichi, prendiamone tutti coscienza, amavano i colori!) per poi tornare all’ingresso del sito archeologico dove potrete accedere all’Ipogeo.

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L’ingresso della tomba dei Volumni si raggiunge da una ripidissima scalinata sistemata in età moderna (da notare l’originaria porta in travertino appoggiata a destra e l’iscrizione in etrusco su uno degli stipiti dell’ingresso vero e proprio). Ogni volta che ci torno rimango ferma a bocca aperta ad osservare dall’ingresso tutto il sepolcro – e pensare che i primi ad accorgersi che lì sotto c’era qualcosa si dice furono un paio di buoi che ci caddero praticamente dentro -.

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Le prime cose che cattureranno la vostra attenzione saranno le urne nella sala davanti a voi, dove spicca quella di Arnth Velimna ritratto semisdraiato su di una kline decorata con cuscini e drappeggi, con lo sguardo assorto e sotto di lui due demoni alate che fanno da guardia alla porta dell’Aldilà. Mano a mano che gli occhi si saranno abituati all’oscurità noterete tutto il resto, il tetto scolpito che imita le strutture in legno delle case degli etruschi, i candelabri in terracotta, i fregi decorativi nel vestibolo e nelle altre sei stanze che vi si affacciano e se siete fortunati come me, altri visitatori, che commenteranno così uno di questi fregi: – Se questi hanno messo un delfino in una tomba, allora io ci voglio lo Yeti!- dimostrando di aver prestato molta attenzione a quello appena spiegato dalla loro guida.

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Chissà come sarebbe contenta la piccola Marta quattrenne che passava spiaccicata sul vetro della 127 bianca, di sapere che un giorno, quelle della necropoli del Palazzone, per lei non sarebbero state solo le grotte degli etruschi.

Per saperne di più:
Kline: dal greco, letto su cui i partecipanti di un banchetto si sdraiavano.
Delfino: insieme ad altri animali marini come gli ippocampi, rappresentano per gli antichi il passaggio dal mondo terreno a quello ultraterreno.

Ipogeo dei Volumni:
Orario: settembre-giugno 9.00-18.30
luglio-agosto 9.00-19,00
Biglietto: 3,00 €

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